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giovedì 23 agosto 2007

Mai più Hiroshima e Nagasaki

Nei giorni passati, in questo scorcio di un'estate bollente che volge
al termine, in diverse località della Terra (in modo particolare in
Giappone) sono state celebrate le ormai rituali commemorazioni legate
ai 62 anni trascorsi dalle terribili date del 6 e del 9 agosto 1945,
quando gli americani gettarono senza pietà le prime bombe atomiche
della storia a spese delle città di Hiroshima e Nagasaki, che vennero
rase totalmente al suolo. Soltanto nei primi mesi successivi alla
deflagrazione nucleare i morti furono oltre 200 mila. Secondo stime
attendibili, fino ad oggi le vittime accertate sarebbero oltre 350
mila. Quelle dell'agosto del 1945 sono state le uniche volte (per
fortuna) in cui le armi nucleari sono state impiegate in un conflitto
bellico contro popolazioni civili ed inermi, sterminando intere
generazioni e annichilendo intere città. E' bene ricordare che la
paternità storica di tali massacri (veri e propri crimini commessi
contro l'umanità, come qualcuno li ha giustamente definiti, crimini
rimasti però impuniti) va indubbiamente ascritta agli Stati Uniti
d'America, che non hanno esitato un attimo ad usare armi di
distruzione totale per vincere la guerra. In modo particolare, occorre
riflettere sulla seconda bomba atomica, sganciata su Nagasaki. Secondo
molti storici si è trattato di un atto terroristico assolutamente
inutile ed evitabile, eppure è stato ugualmente eseguito per due
ragioni fondamentali. La prima, più che altro un vero e proprio alibi
di natura tecnico-scientifica, era che la bomba lanciata su Nagasaki,
essendo composta di plutonio, e non di uranio arricchito come quella
gettata su Hiroshima, aveva bisogno di essere sperimentata
(naturalmente, tale ragionamento è assolutamente cinico e
spregiudicato). Il secondo motivo, in realtà prevalente, era di ordine
strategico-politico, nella misura in cui la seconda bomba era davvero
inutile per vincere la guerra contro il Giappone, un Paese
completamente affranto e stremato, ormai prostrato, ridotto alla mercè
dei vincitori, per cui apparve subito evidente un diverso scopo della
seconda esplosione nucleare, ossia un gesto scellerato compiuto in
funzione palesemente antisovietica. In tal senso, le bombe su
Hiroshima e Nagasaki, pur essendo le ultime della seconda guerra
mondiale, furono considerate come le prime della "guerra fredda".
Insomma, si trattava di una scelta strategico-politica ben precisa, di
un chiaro segnale intimidatorio, teso a far capire ai sovietici e al
mondo intero chi erano i nuovi padroni della storia. Negli anni
successivi al 1945, nel secondo dopoguerra, le armi atomiche furono
adottate da tutte le principali potenze mondiali: l'Unione Sovietica
l'ottenne nel 1949 (grazie soprattutto alla decisione di alcuni
scienziati che avevano concorso alla realizzazione della bomba
nucleare per il governo nordamericano, al fine di ristabilire un
giusto equilibrio tra le parti avverse), la Gran Bretagna nel 1952, la
Francia nel 1960, la Cina nel 1964. In questo periodo, segnato da una
prima proliferazione degli armamenti atomici, si determinò un clima
che venne definito di "guerra fredda", nel quale i due blocchi
politico-militari contrapposti (la NATO, tuttora esistente e che fa
capo agli USA, e il Patto di Varsavia, che ruotava intorno all'Unione
Sovietica) erano coscienti di annientarsi vicendevolmente con il solo
impiego delle armi atomiche. Questa era la teoria della "distruzione
mutua assicurata", alla base del cosiddetto "equilibrio del terrore",
ossia della strategia della deterrenza nucleare che, in qualche
occasione, riuscì a scongiurare il rischio di un conflitto
termonucleare totale. Tale "equilibrio", benché utile deterrente sul
piano strategico, tuttavia non impedì un'enorme proliferazione degli
arsenali atomici sia ad Ovest che ad Est. Al contrario, le armi
nucleari divennero sempre più numerose, ma soprattutto più sofisticate
e complesse, quindi più potenti, al punto che confrontate con quelle
successive le bombe gettate su Hiroshima e Nagasaki apparivano come
"giocattoli". Gli arsenali atomici a disposizione dei due blocchi
avversari (Est e Ovest: nemici più sulla carta, ma nella realtà
complici rispetto alla spartizione economica e politica del globo
terrestre) erano potenzialmente in grado di disintegrare il nostro
pianeta, non una, ma decine di volte! Nel corso degli anni Ottanta, il
dialogo tra Reagan e Gorbaciov condusse alla stipulazione dei trattati
START I e START II, che sancivano una graduale riduzione degli
armamenti atomici posseduti dalle due superpotenze. In quegli anni,
esattamente nel 1985, uscì un film intitolato "War games" (tradotto in
italiano "Giochi di guerra") che racconta la storia di un brillante
ragazzino di Seattle che, giocando col suo computer, riesce ad
inserirsi nella rete informatica della difesa nucleare statunitense,
provocando (ovviamente, nella finzione cinematografica) il pericolo di
un conflitto termonucleare totale, pericolo poi scongiurato. Cito
questo film per far comprendere come in quegli anni la percezione
della gravità dei rischi di un conflitto atomico che avrebbe potuto
causare l'autodistruzione totale del genere umano, era molto maggiore
di oggi. Eppure la situazione odierna è molto più pericolosa di quella
che ho appena descritto e che si riferisce al periodo della "guerra
fredda". Attualmente, gli Stati che dichiarano di possedere armi
nucleari e dunque fanno ufficialmente parte del cosiddetto "Club
dell'atomo" sono esattamente otto: Stati Uniti d'America, Russia,
Cina, Regno Unito, Francia, India, Pakistan e Israele. Ripeto e
sottolineo: Israele... Invece, gli unici Paesi al mondo che hanno
pubblicamente e intenzionalmente rinunciato a programmi di riarmo
nucleare sono: il Sudafrica, probabilmente il Brasile, e alcune
repubbliche dell'ex Unione Sovietica, ossia Ucraina, Bielorussia e
Kazakistan. Inoltre, la possibilità (non solo teorica) che alcune armi
atomiche come le cosiddette "bombe sporche" (che non costano come le
armi atomiche vere e proprie e non esigono particolari competenze
scientifiche, se non quelle, alquanto diffuse, che servono a costruire
una bomba tradizionale) possano cadere nelle mani di gruppi
terroristici al soldo dei servizi segreti militari delle varie potenze
(USA ed Israele sono in cima alla lista per la loro spregiudicatezza)
può forse offrire una vaga idea dell'elevata pericolosità dell'attuale
situazione internazionale, avvolta in quella che è stata
convenzionalmente - ed erroneamente - definita "la spirale
guerra-terrorismo", ossia una realtà caratterizzata da crescenti
tensioni e contraddizioni, aggravate dalla politica della cosiddetta
"guerra globale preventiva" made in USA che, di fatto, alimenta e
rafforza ulteriormente le spinte e le tendenze oltranziste ed
estremiste in ogni angolo della Terra. Per questo, non tanto di
"spirale" si tratta, quanto di due volti mostruosi e gemellari
partoriti dal medesimo apparato di distruzione e di oppressione:
l'imperialismo statunitense. L'odierna situazione planetaria è dunque
molto più insidiosa del passato, soprattutto dopo il crollo del muro
di Berlino avvenuto nel 1989 e dopo il disfacimento dell'Unione
Sovietica e del suo "impero", ma soprattutto dopo l'11 settembre 2001,
quando sono state rilanciate la ricerca e la produzione di nuove
generazioni di bombe nucleari più piccole e più facili da utilizzare.
Nonostante ciò, la consapevolezza del pericolo rappresentato dagli
arsenali atomici da parte dell'opinione pubblica mondiale, si trova ad
un livello molto più basso rispetto agli anni della "guerra fredda".
Anni in cui l'equilibrio tra le due superpotenze (USA e URSS)
esercitava un potentissimo effetto deterrente. Oggi quell'equilibrio
non esiste più (è rimasto solo il "terrore", scusate la battutaccia).
Anzi, la situazione è profondamente squilibrata, estremamente
instabile e caotica, e gli USA non sono in grado di gestirla da soli
attraverso un ruolo di gendarmeria planetaria che si sono
auto-attribuiti con arroganza e che li ha condotti all'isolamento più
totale ed infausto. Oggi assistiamo ad un insidioso rilancio della
ricerca nucleare per fini militari, che vede una responsabilità ed un
coinvolgimento crescenti anche del nostro Paese. Basti pensare che
all'aeroporto militare di Ghedi (Brescia) e nella base americana di
Aviano sono pronte all'uso almeno 90 testate nucleari! Per far capire
l'estrema pericolosità derivante dall'odierno scenario internazionale,
voglio rammentare alcuni episodi occorsi nel 2002, quando India e
Pakistan (che già nel 1998 avevano condotto alcuni test nucleari) si
trovarono sull'orlo di un conflitto per il controllo del Kashmir (una
terra situata al confine tra i due Stati, famosa per un tessuto
morbido e leggero di lana omonima, ricavata da una particolare razza
di capre che vive in quella regione), una pericolosa contesa che
avrebbe potuto condurre ad un drammatico scontro militare e al
successivo ricorso ad armi nucleari. Esistono alcune micro-potenze
regionali, quali la stessa Israele, che detengono arsenali atomici
micidiali ed assumono atteggiamenti ostili e belligeranti verso gli
Stati confinanti. E nessuno osa denunciare tale situazione, anzi chi
si azzarda in tal senso viene tacciato di "antisemitismo".
Naturalmente sarebbe ipocrita non riconoscere che la più grave
minaccia proviene da quelle superpotenze mondiali come gli USA, la
Cina e la Russia, che mirano ad una nuova spartizione geopolitica ed
economica del mondo e che agiscono in modo aggressivo ed
espansionistico sul terreno prettamente commerciale, entrando spesso
in contrasto tra loro. Si pensi all'accesa competizione commerciale
tra USA, Giappone, Europa e Cina, oppure alla rivalità monetaria (una
vera e propria guerra monetaria) tra il dollaro e l'euro. Certo, dal
1945 ad oggi tutte le guerre finora combattute ed anche quelle tuttora
in corso (si pensi allo stato di guerra-guerriglia permanente in Iraq)
non hanno mai registrato il ricorso ad armi atomiche, bensì solo a
quelle convenzionali. Addirittura, in alcuni conflitti etnici
"tribali" sono stati perpetrati veri e propri genocidi utilizzando
armi rozze e primitive: ad esempio, in alcuni Stati africani, come il
Ruanda, sono stati commessi spaventosi massacri (contro l'etnia Tutsi)
a colpi di machete, un pesante coltello dalla lama lunga e molto
affilata.

Finora ho fornito una ricostruzione storica il più possibile fedele e
lineare, in materia di armamenti nucleari, provando ad evidenziare un
confronto tra passato e presente, tra gli anni della "guerra fredda" e
la realtà odierna che, come ho già spiegato, appare assai più
insidiosa, benché la coscienza della gente comune sia indubbiamente
molto meno diffusa e profonda rispetto al passato. Pertanto, a tale
proposito voglio citare un brano tratto da un articolo di Giorgio
Bocca (apparso alcuni anni or sono nella rubrica "L'antitaliano"), nel
quale l'anziano giornalista scrive testualmente: "Già nel 1945 avremmo
dovuto capire che l'apocalisse era ormai entrata nella normalità.
Scoppia la prima atomica a Hiroshima e sui giornali dell'Occidente,
anche sui nostri, la notizia venne data a una colonna in basso e non
destò particolare emozione. Aveva ucciso in un colpo 100 mila persone
e ne aveva avvelenate a morte altrettante. Non se ne sapeva molto, è
vero, ma in breve si capì che era l'arma della distruzione totale, ma
l'Occidente civile in sostanza non fece obiezione: la bomba segnava in
pratica la fine della guerra, perché condannarla?" In altri termini,
il fine (la conclusione della seconda guerra mondiale) ha giustificato
il mezzo, ovvero il ricorso alla bomba H, un terrificante strumento di
distruzione totale. Oggi, più che nel passato, questa perversa logica
machiavellica del "fine che giustifica i mezzi" non può e non deve più
essere tollerata, ma va respinta con fermezza e abbandonata in modo
definitivo, pena l'autoannientamento dell'umanità e la dissoluzione di
quasi ogni forma di vita presente sul nostro pianeta. Le cause delle
guerre, siano esse convenzionali o meno, sono fondamentalmente le
stesse: il possesso e il controllo della terra, dell'acqua, del
petrolio o di altre preziose materie prime, lo sfruttamento dell'uomo
e della natura, l'oppressione di un popolo da parte di un altro
popolo, ovvero di una classe sociale da parte di un'altra classe,
eccetera eccetera. Queste sono le ragioni primarie che possono
scatenare un conflitto bellico. Il fatto poi che alla guerra condotta
con armi convenzionali si sostituisca la guerra "termonucleare", non
cambia e non toglie assolutamente nulla alle cause, al carattere e al
significato di classe della guerra medesima. Tuttavia, la differenza
più evidente ed innegabile tra guerre tradizionali e guerra nucleare,
sta nel fatto che le armi atomiche sono strumenti di DISTRUZIONE
TOTALE: un "dettaglio" che non è certamente trascurabile, per cui non
va minimamente sottovalutato. Dunque, voglio concludere con un appello
che, per quanto possa apparire ingenuo, banale ed utopistico, esprime
un'istanza molto diffusa tra la gente comune, implica un presupposto
di estrema e vitale importanza, contiene una proposta assolutamente
necessaria e indispensabile alla salvezza del genere umano e delle
altre specie viventi sulla Terra:

BANDIAMO LE ARMI NUCLEARI, BANDIAMO TUTTE LE ARMI, BANDIAMO LA GUERRA
E L'IMPERIALISMO DALLA NOSTRA ESISTENZA!

Lucio Garofalo

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