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venerdì 31 ottobre 2008

FILOSOFIA E POLITICA: UN MATRIMONIO DISSOLTO


PUBBLICO UN INTERESSANTE RAGIONAMENTO DEL FILOSOFO GIUSEPPE CORONA SU UN TEMA ATTUALE

di Raffaele Pirozzi



FILOSOFIA E POLITICA: UN MATRIMONIO DISSOLTO

di Giuseppe Corona


Inindagato, dietro la "fine delle ideologie", si nasconde qualcosa di ben più enigmatico e profondo: il dissolversi di un rapporto più che bimillenario tra filosofia e politica.

Ne "La Repubblica" Platone afferma che vero politico è il filosofo. In realtà, i presocratici, il più delle volte, erano capi della comunità. In genere i capi politici venivano chiamati sapienti.

Con Platone, e da lui in poi, il filosofo si è accontentato di qualcosa di meno forte: dell'inestricabile nesso, ma non della coincidenza, tra filosofo e politico. Il filosofo, ad ogni modo, determinava quell'aura entro la quale il politico trovava la sua legittimità e giustificava il suo carisma. Lo scontro politico era, innanzitutto e per lo più, scontro tra sistemi di pensiero.

Nel Novecento quest'aura, dopo brevi e terribili spasmi, si assottiglia, evapora ed esala.

Ora, e da tempo ormai, rubricato sotto la voce di scontro tra le ideologie, questo conflitto è stato derubricato. Oggi la scena della politica è occupata dalle "competenze tecniche" e gli ultimi politici, copia sbiadita del tempo che fu, in verità ormai "personaggi in cerca di autore", appongono, senza sapere neppure su cosa, firme a delibere che la tecnocrazia appronta, - eseguono.

La situazione europea è sintomatica: banchieri e tecnocrati.

Fa sorridere ascoltare ogni tanto il lamento sull'assenza delle idee. In verità è stata la filosofia stessa a incaricarsi, inconsapevole, di svilire progressivamente le idee in nome dei "fatti".

Le cose stanno in questi termini: la competenza trionfa e le idee sono state esautorate e sostituite dai "fatti", il miraggio dalle "situazioni di fatto".

Resta da vedere se con il mesto inabissarsi della filosofia non sia scomparsa anche la politica, se di essa non sia ormai più niente.

Cos'è il "fatto"? Esso è il participio passato del verbo fare. "Stiamo ai fatti" significa, in vero, "curiamoci del passato".

I "fatti" è facile raccoglierli, metterli in fila e contabilizzarli, è facile far conto su di essi. Il competente è il sovraintendente e il sistema delle competenze è un'enorme "Sovraintendenza" a tutela dei "fatti".

Si prenda in esame il linguaggio in auge in Europa, quello "politicamente corretto".

Cos'è lo "sviluppo sostenibile" se non quello che si piega alla situazione data. Cosa il "principio di precauzione" se non forma di resistenza all'ardire della ricerca, al suo sfidare i"fatti"? Cosa i "Piani territoriali regionali" se non sistema di vincoli a tutela della "vocazione dei territori", di vincoli paesaggistici, ambientali e naturali a tutela del già dato?

Il competente europeo, il tecnocrate, decreta, il politico nazionale o regionale esegue, mettendo a sua volta in movimento stuoli di competenti locali, storici dei microambienti che mobilitano tutta la loro conoscenza archeologica dei "fatti" mettendola a disposizione, insieme con i "progetti", dei presidenti di provincia e dei sindaci attraverso la declamata "programmazione territoriale" e l'osannato "viluppo locale"?

Intanto il denaro, impegnato nello sforzo di conservazione e di restauro, affluisce copiosamente nelle tasche dei competenti, arrivando appena a lambire le popolazioni.

L'idolo di pietra, il "fatto", vuole essere adorato impietrendo chi lo guarda.

Ma, non esistono i "fatti", bensì la vita – campi di forze in azione- che vuole essere interpretata e colta negli appetiti e nei bisogni, nei desideri e negli interessi.

Le interpretazioni, non i "fatti", mobilitano, uniscono e convogliano le forze vitali sulle vie del futuro. C'è bisogno del ricercatore, dello spirito libero e critico, uccello rapace che plana e dall'alto scruta il gioco delle forze raccogliendole in una visione di assieme, fissando mete. Chi è questo uccello se non il politico o, forse bisogna dire, il filosofo?

Fin quando l'uomo rimarrà principe dei predatori, uccello che sonda le vie del futuro e sbrana i "fatti", cui Dio nella Genesi assegna il comando sulla terra, egli avrà bisogno del capo politico che assegna mete.

Chi è questo "spirito libero": il politico, il filosofo, o entrambi in uno?

Adorare il "fatto", affidarsi ai "competenti", anziché convogliare le forze della ricerca nel ritrovamento delle vie e degli approdi, serve solo a costruire un enorme Museo, ma non a conservare e potenziare la vita. Si sa: nei Musei ci sono guardiani non i produttori.

La storia va interpellata ma per trovarvi l'esempio da imitare, non da copiare.

La vita, altrimenti, sceglierà le vie dell'abuso e della delinquenza. Infatti ella dice: "primum vivere".


Napoli, 31/10/08

1 commento:

  1. Appunto: il dissolvimento del matrimonio tra la filosofia e la politica ha conseguito, che nel mondo di oggi la politica si chiama quello, che infatti è anti-politica...

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